Un’assoluta
novità per la scena birmana: violente proteste nei pressi di alcune miniere di
rame a causa dell’inquinamento ambientale e per la vera e propria deportazione
di interi paesi e villaggi per far posto ad una attività estrattiva con forte
impatto territoriale ed ambientale. Tutto
ciò sarebbe stato inimmaginabile ai tempi della Giunta militare birmana, una
delle più violente ed oppressive al Mondo, quando qualsiasi rivolta veniva
spenta con la violenza pura. Più di
50 persone son comunque rimaste ferite negli ultimi due giorni nel corso di
un’operazione di Polizia tesa a sedare le proteste nei pressi delle cave di
rame di Latpadantaung, vicino alla città di Monywa, 827 chilometri a Nord Ovest
della Capitale Yangon. Più di duecento manifestanti, compresi cinquanta monaci
buddhisti, son rimasti accampati nei pressi della miniera di rame, il Governo
ha posto loro un ultimatum perché abbandonino la miniera. I dimostranti
affermano che la miniera, una joint venture tra la Economic Holding Ltd di proprietà
militare birmana e la Wanbao Co Yang TzeCopper Ltd cinese, hanno proceduto a
confische illegali nei villaggi nel territorio nelle immediate vicinanze ed
hanno inquinato tutto l’Ambiente circostante. Il Capo dell’opposizione e Premio
Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi si è immediatamente proclamata disponibile
ad essere mediatrice tra le parti, in modo da evitare ulteriori ferite alla
popolazione locale ed alla Nazione tutta. Le cifre della protesta sono ancora
da definire.
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